mercoledì 20 luglio 2022

Programma vacanze sicure - contratto generico: si alla nullità

La sentenza di cui oggi offriamo il commento, la
numero 625 pubblicata dal Tribunale di Trieste il 9 novembre 2019,  ci permette di puntualizzare alcuni aspetti inerenti alla validità dei c.d. contratti vacanza.

Lo ricordiamo, ci troviamo di fronte a contratti atipici e ricorrenti nel settore (albergo, trasporto, alloggio, servizi collegati etc.) che oggi più che mai, a fronte della ingegnerizzazione dei processi turistici e della globalizzazione, sono collegati da rapporti di reciproca interdipendenza; rapporti che hanno come fulcro il turista che, al posto di definire con puntualità ed autonomia gli itinerari, si affida ai professionisti delle filiere (Organizzatori, Venditori etc.). 

Abbiamo già sviluppato la materia, ricordando che il diritto comunitario ha disciplinato la materia con la Direttiva 2008/122/EC, introdotta in Italia nel 2011.

La normativa è tesa a:

  • tutelare con più vigore il consumatore (questa volta nei panni del turista, soggetto “immancabilmente” sprovvisto di simmetria informativa rispetto ai professionisti del settore);
  • evitare che il professionista richieda al consumatore il pagamento anticipato di somme a qualsiasi titolo.

Fatta questa semplice premessa, dobbiamo capire come si coniuga l’esigenza di certezza e chiarezza da parte del turista con quella di offrire servizi flessibili e personalizzati

Flessibilità e chiarezza, almeno in astratto, sono  esigenze contrapposte: ciò che si determina prima di ufficializzare un rapporto (e quindi è chiaro), spesso viene posto in discussione dal modo di essere del rapporto nelle disparate circostanze ed eventualità (e quindi è flessibile). Tale flessibilità, però, può essere gestita con successo dal professionista che si attenga alle Linee Guida e alle buone prassi del settore. 

E tanto più quel professionista è in grado di prevedere e codificare le circostanze più ricorrenti nei servizi da lui offerti, e a farsene carico tramite la propria organizzazione imprenditoriale, quanto più è in grado di predeterminare il contenuto della propria offerta al pubblico. Un ruolo fondamentale, dunque, è giocato dall’informazione che il professionista offre al turista.  

Ad ogni buon conto, il Codice del consumo impone che tale offerta, e la successiva stipulazione nel contratto, sia sufficientemente chiara, completa e comprensibile

Brochure informative, opuscoli e successiva puntuazione vincolano il professionista alle prestazioni ivi determinate, e ciò per soddisfare l’esigenza di certezza del turista che si rivolge alla filiera del turismo. 

Veniamo, ora, all’esigenza di determinatezza dell’oggetto (articoli 1346 e 1418, comma 2, Codice Civile), ben nota causa strutturale e funzionale di invalidità del contratto. Per quanto, come abbiamo visto, l’andamento del rapporto sia flessibile e adattabile a posteriori, un conto è che il turista acceda a contenuti chiari e comprensibili; altro conto ancora è che l’oggetto delle prestazioni dedotto nel contratto sia determinabile. Infatti, può ben essere che il contenuto sia chiaro ed intellegibile, ma non per questo determinabile

A questo riguardo, l’istanza della flessibilità delle prestazioni incontra un limite invalicabile: come ha sottolineato nel 2017 la Cassazione, in una massima richiamata dalla sentenza in commento, la misura della prestazione può essere discrezionalmente determinata, anche in presenza di condizioni legittimanti, ma non da una soltanto delle parti.

Con riferimento al caso di specie, disparati erano i rinvii del contratto al sito internet per la determinabilità della qualità e della quantità delle prestazioni, e più segnatamente per:

  • l’individuazione delle mete turistiche accessibili con crociere a tariffa agevolata;
  • l’individuazione delle località nelle quali spendere un voucher di 500 Euro.

Sennonché il riferimento al sito internet (un link intertestuale) presenta svariati inconvenienti: tra questi, la possibilità da parte del gestore del sito di aggiornare e modificarne i contenuti, introducendo, posteriormente alla stipula, delle restrizioni ad insaputa del consumatore. Non è della legittimità del rinvio ai link che si discute (e nemmeno il Tribunale di Trieste ha discusso su questo), bensì dell’eventualità per nulla remota che il professionista, ad esempio, restringa la lista delle mete turistiche accessibili, a suo insindacabile giudizio e senza dimostrare quali sono stati i fatti esteriori e del tutto indipendenti dalla sua organizzazione (ad esempio, il rischio epidemiologico o terroristico di quella meta) che lo hanno indotto ad espungere la meta. 

Tribunale di Trieste - sentenza n. 625/2019.

Pacchetto vacanza - determinatezza oggetto - violazione art. 1346 c.c. by Consumatore Informato on Scribd

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