domenica 10 luglio 2011

Un altro tribunale condanna la vendita di certificati di associazione e individua il collegamento negoziale tra contratto di "pseudo multiproprietà" e finanziamento

E' nullo il certificato di associazione ("pseudo multiproprietà") venduto al cliente a cui viene fatto credere di essere entrato in possesso di un diritto reale. Questo principio è stato ancora una volta ribadito da una nuova sentenza pronunciata dal Tribunale di Rovigo, il quale ha anche individuato un collegamento tra il contratto di associazione venduto al consumatore e quello di finanziamento sottoscritto da quest'ultimo per pagarsi la multiproprietà alberghiera. Conseguenza? il consumatore ha ottenuto la restituzione dei propri soldi!




Tribunale di Rovigo

Sentenza 25 gennaio - 10 marzo 2011, n. 26

omissis

Motivi della decisione



L. F. e P. A. hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 176/06 ing. (n. 207/06 somm.; 1881 cron.) emesso dal Tribunale di Rovigo, sezione Distaccata di Adria, in data 12 luglio 2006 a favore della “Neos Finance s.p.a.” deducendo:

a) di aver stipulato un contratto di compravendita di un “certificato di associazione del complesso residenziale Castillo Beach Club di Fuerteventura” e contestualmente sottoscritto una proposta di finanziamento, nella forma del credito al consumo, su modulo della “Finemiro Finance s.p.a.” (poi divenuta “Neos Finance s.p.a.”);

b) che il contratto di vendita era nullo per indeterminatezza dell’oggetto, ai sensi dell’art. 1346 c.c., e violazione della disciplina dettata dal d.lgs. 427/1998 (poi ricondotta nell’ambito del c.d. Codice del Consumo, d.lgs. n. 206/2005) ovvero annullabile per dolo o errore essenziale;

c) che dal collegamento negoziale ne derivava la nullità o annullabilità anche del contratto di finanziamento, qualora fosse superata la contestazione circa il fatto che tale contratto non si sarebbe perfezionato per mancata accettazione scritta da parte dell’istituto di credito e successiva revoca ad opera dei richiedenti;

d) l’inapplicabilità dell’art. 3 delle condizioni generali del contratto – che inibiva la parte dalla possibilità di proporre alla finanziatrice le eccezioni opponibili alla fornitrice – in quanto vessatoria.

Gli attori hanno pertanto – previa citazione diretta della “Travel Group s.p.a.” nella persona del curatore, essendo medio tempore fallita (ovvero, in via subordinata, chiedendo la autorizzazione alla sua chiamata in causa), richiesto la revoca del provvedimento monitorio, l’accertamento della nullità o annullamento dei contratti di vendita e finanziamento, la restituzione delle somme già versate.

Si è costituita la sola “Neos Finance s.p.a.” eccependo:

a) l’irritualità della chiamata in causa del fallimento “Travel Group s.r.l.”;

b) il perfezionamento del contratto di finanziamento attraverso la erogazione della somma richiesta direttamente alla società fornitrice, così come previsto espressamente nel contratto;

c) la mancanza di collegamento negoziale e la conseguente “impermeabilità” del contratto di finanziamento rispetto a quello di vendita;

d) l’assenza dei presupposti giuridici per la “invalidazione” del contratto di compravendita;

e) la non opponibilità della nullità o annullabilità del contratto di vendita in forza della clausola n. 3 delle condizioni generali del contratto, sottoscritta ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.;

La convenuta costituita ha pertanto chiesto il rigetto delle domande attoree, formulando, in via subordinata, domanda di accertamento del diritto di credito nei confronti della curatela fallimentare.

All’esito dell’istruttoria, il Giudice ritiene le domande attoree fondate nei termini di seguito esplicitati.

1- Sulla nullità del contratto di “compravendita di certificato di Associazione”

Il contratto stipulato dagli attori con la “Travel Group Italia s.r.l.” è nullo per un duplice ordine di motivi: per violazione dell’art. 1346 c.c. e per violazione degli artt. 70, 71 e 81 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

Sotto il primo profilo appare, infatti, condivisibile la prospettazione attorea secondo la quale dalla lettura del contratto non è affatto possibile determinare l’oggetto della res venduta.

Il bene viene qualificato come “certificato di associazione”: sembrerebbe, dunque, trattarsi di un diritto alla partecipazione in una associazione, incorporato in un titolo trasferibile; tuttavia non ne è specificata la natura, le regole di circolazione, né, se di quota associativa si tratta, è individuata la associazione, la sua natura (persona giuridica, ente di fatto, fondo, patrimonio separato o una società commerciale?) e regolamentazione giuridica.

Non è neppure possibile capire quale sia il collegamento tra il godimento settimanale e la titolarità del certificato di associazione; non è individuato il periodo temporale nel quale sarebbe possibile usufruire delle strutture alberghiere (definito come flottante); non è chiaro il rapporto intercorrente tra “l’associazione” de qua e la società “Castillo Beach Management” (asseritamente deputata all’amministrazione e gestione del complesso turistico Castillo Beach Club di Fuerteventura), la quale - sembra di capire - ha l’esclusiva facoltà di gestione del complesso residenziale si da non consentire al titolare del certificato di associazione alcuna possibilità di amministrazione o gestione del complesso o di scambio della settimana di godimento.

Altro aspetto alquanto peculiare è che il contratto è strutturato come una vendita ad effetti reali e tuttavia viene subordinato il trasferimento del predetto certificato al pagamento integrale del prezzo pattuito.

Per integrare il contenuto generico del contratto non è neppure possibile fare riferimento ad altri accordi verbali, in virtù di quanto espressamente previsto dall'articolo 5.2 del contratto nonché dal d.lgs. 206/2005, sicché la nullità per indeterminatezza dell’oggetto è inevitabile corollario delle considerazioni sopra svolte.

Secondo il secondo profilo, posto che il contratto in oggetto sembra essere finalizzato alla realizzazione di una cessione di multiproprietà cosiddetta associativa o societaria, nella quale gli associati fruiscono del diritto di godimento primario dell'immobile - diritto incorporato nel titolo partecipativo - è riscontrabile un’ipotesi di nullità per violazione degli artt. 70 e 81 del decreto legislativo n. 206/2005 per mancata puntuale indicazione degli elementi descritti con le lettere a) e b) dell’art. 70.

Tale violazione è sanzionata dalla normativa richiamata con una pena pecuniaria da euro € 500,00 a € 3.000,00 e la pena accessoria della sospensione dall'esercizio dell'attività da 15 giorni a tre mesi del venditore. Trattandosi di normativa pubblicistica posta a tutela del consumatore, si ritiene che la violazione - sanzionata con pena pecuniaria - integri una’ipotesi di nullità ai sensi dell'articolo 1418, I comma c.c., per violazione di norma imperativa.

Premesso come la nullità da violazione di norme imperative non sia sempre prevista espressamente dal legislatore e possa essere individuata dall’interprete allorché dalla violazione della disposizione derivi un pregiudizio sociale, a parere di questa autorità, non solo la violazione del requisito della forma scritta ad substantiam, di cui all'art. 71 del citato decreto, comporta la nullità (nullità estesa da parte della giurisprudenza di merito anche alle ipotesi di assenza dei requisiti di cui all'articolo 70 nel testo scritto del contratto; cfr. Trib. di Firenze del 2 aprile 2004, prodotta quale doc. 4 del fascicolo di parte attrice e Trib. di Roma 22 luglio 2003, edita nella rivista “I Contratti”, 2004, pag. 294), ma anche la violazione delle disposizioni richiamate dall'articolo 81, sanzionate con pene di stampo pubblicistico dalla disciplina in esame.

Come ricordato da autorevole dottrina, “la sanzione della nullità, quando si giustifica in ragione della tutela della parte debole, tiene conto di una situazione generalizzata o generalizzante di abuso e colpisce quindi il contratto, o singole clausole, in considerazione della loro dannosità sociale”.

L’accertata nullità del contratto di compravendita – per i due profili richiamati - rende superflua ogni valutazione in ordine alla domanda subordinata di annullamento del contratto per dolo o errore essenziale.

2- Conseguenze della dichiarazione di nullità del contratto

L'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo prevedeva originariamente, quale domanda conseguente alla accertata dichiarazione di nullità del contratto di vendita del certificato associazione, la condanna del fallimento “Travel group Italia S.r.l.” alla restituzione della somma versata dai coniugi F. a titolo di anticipo e pari ad euro 1032,00.

A seguito di quanto rilevato da questa autorità nella propria ordinanza del 20 marzo 2007, la parte attrice ha rinunciato alla domanda di condanna, stante la competenza esclusiva del giudice fallimentare in subiecta materia; è stata mantenuta, invece, la domanda di dichiarazione della nullità asseritamente non assorbita dalla vis atractiva dell'art. 24 della c.d. legge fallimentare, poiché si tratta di domanda di mero accertamento.

Osserva il Giudice come, sebbene la Suprema Corte abbia più volte affermato che le sentenze di mero accertamento non rientrino nell’ambito della competenza esclusiva del Giudice fallimentare, tuttavia debba precisarsi come non tutte le azioni di tal natura siano ammissibili avanti al Tribunale ordinario (cfr. Cass., 9 ottobre 2006, n. 21634: “in caso di sottoposizione della società datrice di lavoro a amministrazione straordinaria, deve distinguersi tra domande del lavoratore che mirano a pronunce di mero accertamento oppure costitutive e domande con contenuto di condanna, comprese quelle di accertamento e condanna. Devono, però, ritenersi collegate alla procedura non soltanto le controversie che derivano direttamente dalla stessa e si basano su di essa, ma anche quelle che sono destinate comunque ad incidere sulla procedura concorsuale e come tali debbono necessariamente essere esaminate nell'ambito di quest'ultima per assicurarne l'unità e per garantire la parità tra i creditori. La domanda relativa all'accertamento della nullità o della simulazione delle cessioni di azienda non può non ricadere nella cognizione del giudice fallimentare perché il suo accoglimento è destinato a produrre effetti di giudicato nei confronti di tutte le parti e a ripercuotersi sul riassetto delle componenti patrimoniali accertate nell'ambito della procedura concorsuale o di separate procedure concorsuali”).

In particolare, l’azione di nullità del contratto, presupposto per fondare una domanda di condanna alla restituzione di quanto versato in adempimento del contratto nullo, è inammissibile in questa sede perché priverebbe il Tribunale fallimentare delle proprie competenze, posto che, accertata la nullità, non le resterebbe alcun sindacato e vaglio sulla debenza o meno della somma dovuta a seguito della pronuncia del Giudice ordinario (cfr. per la distinzione tra azioni di nullità ammissibili e quelle inammissibili la Cass., 23 luglio 2010, n. 17279: “Sono azioni derivanti dal fallimento, ai sensi dell'art. 24 legge fall., quelle che comunque incidono sul patrimonio del fallito, compresi gli accertamenti che costituiscono premessa di una pretesa nei confronti della massa, anche quando siano diretti a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna; ne consegue che non rientra invece nella competenza funzionale del foro fallimentare, prevista dalla predetta norma, la domanda del terzo che, volta alla declaratoria di nullità di un contratto (nella specie, di edizione) stipulato dalla società fallita, abbia come scopo solo tale accertamento, sia pur ai fini di ottenere - mediante l'inibizione ad effettuare lo sfruttamento delle opere - la libera disponibilità dei relativi diritti, non assumendo, al riguardo, alcun rilievo che essi siano stati nel frattempo inventariati nell'attivo del fallimento, sia perché, comunque, in caso di nullità del contratto la società fallita non aveva acquisito alcun diritto, sia perché l'art. 103 legge fall. prevede l'obbligo di insinuare al passivo la domanda di rivendica dei beni in possesso del fallimento, ma non che tale forma sia da utilizzarsi per le domande di inibitoria che non comportino anche una riconsegna dei beni”).

Ne consegue che l’accertamento della nullità del contratto potrà essere esaminata solo in relazione alla posizione assunta dalla “Neos Finance s.p.a.” – per le ragioni di seguito esplicitate – e non del fallimento della “Travel Group s.p.a.”.

Da tali premesse giuridiche consegue che anche la domanda subordinata formulata dalla “Neos Finance s.p.a.”, per le stesse ragioni, non potrà essere esaminata in questa sede.

Si ribadisce - poiché l'eccezione è stata mantenuta durante tutto il giudizio dalla parte opposta ingiungente - che la chiamata in causa del fallimento della “Travel Group Italia s.r.l.” è stata correttamente effettuata, secondo l'orientamento giurisprudenziale adottato da questa autorità (quantunque contrastante con quello espresso dalla Suprema Corte) sul presupposto che il meccanismo di cui all'art. 269 c.p.c. non potrebbe avere significato ove la parte promotrice del giudizio fosse consapevole fin dall'inizio della volontà agire nei confronti di un terzo (cfr. Corte di appello di Firenze, 19 ottobre 2005: “è corretta la chiamata in causa della società opponente a decreto ingiuntivo al terzo direttamente mediante notifica del proprio atto d'opposizione non solo all'opposto ingiungente ma anche ai terzi dei quali intende essere tenuta indenne”; Tribunale di Reggio Calabria, 22 gennaio 2005; Tribunale di Catania, 10 settembre 2004; Tribunale di Firenze, 5 luglio 2001).

In ogni caso, si osserva come la parte attrice opponente, avesse richiesto nell'atto introduttivo del giudizio (domanda reiterata durante tutto il corso del processo) l’autorizzazione alla chiamata in causa del predetto fallimento, allorché il giudice non avesse condiviso l'orientamento giurisprudenziale che legittimava opponente alla diretta chiamata in causa in giudizio del terzo, sì che in nessun caso potrebbe opporsi un vizio procedimentale idoneo a inficiare gli esiti della presente sentenza.

3- Il collegamento negoziale e l'estensione degli effetti della dichiarazione di nullità del contratto alla “Neos Finance s.p.a.” (già “Finemiro Finance s.p.a.”).

La teoria dottrinale del collegamento negoziale, per la prima volta elaborata intorno agli anni ‘30 del secolo scorso, si fonda sul generale principio simul stabunt simul cadent, ovvero sull’efficacia immediata e diretta delle cause di invalidità, risoluzione o rescissione di uno dei negozi sull'altro, a causa dell'impossibilità di realizzazione dell'interesse perseguito dalle parti attraverso il loro coordinamento.

Gli indici attraverso i quali la dottrina e la giurisprudenza hanno cercato di individuare il collegamento negoziale, onde derivarne le conseguenze giuridiche osmotiche dei vizi originari o sopravvenuti del sinallagma, sono di natura soggettiva - la volontà delle parti di realizzare una finalità unitaria attraverso due o più contratti - e di natura oggettiva - elementi contrattuali idonei a collegare funzionalmente i negozi – (Cass., 17 maggio 2010, n. 11974: “affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale”).

Il collegamento impresso dalle parti ai negozi non incide sull'autonomia strutturale dei contratti, ma ne determina la medesima sorte, legata a quella funzionalità economica unitaria data dai contraenti in vista del raggiungimento di un unico interesse economico (sul punto cfr. Cass., 10 luglio 2008, n. 18884: “Il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, in ipotesi siffatte, il collegamento, pur potendo determinare un vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e conservi una distinta individualità giuridica”).

La stipulazione di un contratto di mutuo per l'acquisto di un bene determinato è stata individuata dalla Corte di Cassazione proprio come ipotesi tipica di collegamento negoziale, poiché la somma erogata dall'istituto di credito viene destinata all'acquisto del bene, con la conseguenza che l'eventuale risoluzione del contratto di compravendita legittima la richiesta di restituzione dell'importo versato fino a quel momento alla parte venditrice che ha beneficiato della somma di denaro (cfr. Cass., 20 gennaio 1994, n. 474: “nell'ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l'acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra gli anzidetti contratti, per cui il mutuatario è obbligato all'utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene, che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore”; conformi Cass., 23 aprile 2001, n. 5966; Cass., 16 febbraio 2010, n. 3589).

Il collegamento contrattuale ha trovato riscontro anche sotto il profilo legislativo, diventando così una vera e propria categoria normativa: l'art. 34, I comma del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 dispone che “la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende”; l'art. 42 del medesimo decreto legislativo prevedeva che “nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore che abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora ha diritto di agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ha i clienti del fornitore” (attualmente l’articolo è stato abrogato dal d.lgs. n. 141/2010, il quale all’art. 125 quinquies dispone: “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile.

2. La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso.”), l’art. 77 del cit d.lgs. – in materia di contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento ripartito di beni immobili - prevede che “il contratto di concessione di credito erogato dal venditore o da un terzo in base ad un accordo tra questi ed il venditore, sottoscritto dall'acquirente per il pagamento del prezzo o di una parte di esso, si risolve di diritto, senza il pagamento di alcuna penale, qualora l'acquirente abbia esercitato il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 73” (cfr. anche l. 24 giugno 1997, n. 196 e art. 10 della l. 14 luglio 1993, n. 259).

La prima considerazione che deve essere fatta dalle premesse fornite è che il legislatore ha espressamente considerato il ricorso al credito da parte del consumatore per l’acquisto di beni un’ipotesi di collegamento negoziale, attribuendo alla parte debole tutelata un effetto non solo caducatorio, ma anche recuperatorio immediato e diretto.

Tale potere non è escluso dalla mancanza di clausola di esclusiva tra l’istituto erogante e il fornitore di servizi, posto che la Corte Europea di Giustizia, con sentenza del 23 aprile 2009 – nella causa C- 509/2007 – su ricorso del Tribunale di Bergamo (in una causa nella quale era coinvolta la “Neos Finance s.p.a.” già Finemiro) ha espressamente stabilito che ove “la normativa applicabile alle relazioni contrattuali prevede la possibilità per il consumatore di procedere contro il creditore per ottenere la risoluzione del contratto di finanziamento e la restituzione di somme già corrisposte, la direttiva 87/102 non prescrive che siffatte azioni siano subordinate alla condizione di esclusiva in questione” con la conseguenza che non è necessario tale presupposto – indicato dall’art. 42 del c.d. C.d.C., come precisato, successivamente abrogato e riscritto dalla normativa richiamata – per l’esercizio dei diritti della parte.

La sentenza precisa altresì che tale condizione può essere prevista solo per far valere altri diritti, non previsti dalle disposizioni nazionali in materia di relazioni contrattuali, come il diritto al risarcimento del danno causato da inadempienza del fornitore; in tale previsione non può certo ricadere l’ipotesi di accertamento della nullità con obbligo di restituzione immediata dell’importo erogato da parte dell’istituto di credito (che vanterà un corrispondente diritto nei confronti del fornitore).

Quanto detto è ulteriormente suffragato dagli elementi-indici rivelatori, nel caso concreto, del collegamento negoziale tra la vendita del certificato di associazione e il finanziamento stipulato con la “Neos Finance s.p.a.”:

a) l’indicazione prestampata del finanziamento nel contratto di compravendita (punto 2.2: “pagamenti avranno luogo […] a mezzo finanziamento coma da modulo a parte sottoscritto”; doc. 1 del fascicolo di parte opponente);

b) dalla indicazione nella proposta di finanziamento (doc. 2 del fascicolo di parte opponente) del contratto di acquisto sopra indicato (“tipo multiproprietà Time Share con C. di P., Fuerteventura”);

C) dalla pre-individuazione della società mutatrice da parte della venditrice, senza alcuna facoltà di scelta da parte dell’acquirente di poter stipulare un contratto di mutuo con altri istituti di credito;

D) dall’art. 3 delle condizioni generali del contratto ove viene esclusa per il finanziato la possibilità di invocare eccezioni opponibili al venditore (clausola il cui inserimento non può – per interpretare il contratto, ex art. 1367 c.c., nel senso che abbia un significato e non sia una mera petizione di principi di diritto – che prendere atto della connessione intercorrente tra la vendita e il finanziamento correlato).

Individuata una connessione genetica e funzionale – avallata ulteriormente dalla semplice presa d’atto che la somma mutuata aveva quale unico scopo quella di pagare il “certificato di associazione” e che la nullità del contratto non può che privare di giustificazione causale anche il predetto mutuo – occorre osservare come la predetta clausola (art. 3 delle condizioni generali del contratto), sebbene sottoscritta due volte, ai sensi degli artt. 1341, II comma e 1342 c.c., sia nulla ex artt. 33 lett. T) - sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità' giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi - e 36 del d.lgs. 206/2005.

La facoltà di opporre eccezioni, in un’ottica estensiva e garantista del consumatore, non può limitarsi al rapporto con la controparte, ma deve potersi estendere anche alle eccezioni fondate su altro rapporto, con il fornitore, proprio in virtù del collegamento negoziale che attribuirebbe di per sé tale potere.

In altri termini, se è vero che la norma è ordinariamente circoscritta al contratto - nel senso che le eccezioni si devono riferire al negozio giuridico nel quale la clausola è inserita e alle parti di quel rapporto negoziale, poiché non è consentito estendere eccezioni valevoli nei confronti di terzi ai rapporti tra le parti - nell’ipotesi di contratti collegati ove, in virtù dei principi dottrinali e giurisprudenziali sopra esaminati (simul stabunt, simul cadent) tale regola è derogata, la clausola che impedisca di opporre eccezioni fondate sul rapporto negoziale collegato deve ritenersi vessatoria e, dunque, nulla, con pieno rilievo anche d’ufficio del vizio genetico.

Non può, in ogni caso, non aggiungersi come, anche a voler diversamente ragionare – ritenendo operativa la clausola in oggetto – la accertata nullità del contratto di compravendita inficerebbe comunque quello di finanziamento, poiché circostanza estranea a quelle espressamente indicate nell’oggetto della clausola contrattuale di inopponibilità: “il cliente rinuncia ad opporre alla Finemiro, qualsiasi eccezione relativa alla destinazione da parte del Convenzionato dell’importo del finanziamento concesso o di parte di esso, alla mancata o ritardata consegna del Bene, agli eventuali vizi dello stesso o al rifiuto del Cliente all’accettazione o all’utilizzo del Bene medesimo”.

In conclusione dalla nullità del contratto di vendita di un “certificato di associazione del complesso residenziale Castillo Beach Club di Fuerteventura” del 13 novembre 2001 stipulato da L. F. e P. A. con la “Travel Group s.r.l.” deriva la nullità del contratto di mutuo stipulato dai sig.ri F. e A. con la “Finemiro Finance s.p.a.” (oggi “Neos Finance s.p.a.”) - che risulta documentalmente (doc. 31 del fascicolo di parte convenuta) essersi perfezionato prima della revoca da parte dei richiedenti con il versamento dell’importo mutuato a favore della “Travel Group s.r.l.” in data 3 dicembre 2001 - con obbligo di restituzione da parte di quest’ultima della somma versata pari a € 6.042,53, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, in virtù del collegamento negoziale e in adempimento di quanto previsto dal dlgs. n. 206/2005.

Ogni ulteriore profilo è assorbito.

Le spese di lite, così come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza tra L. F. e P. A., da un lato, e la “Neos Finance s.p.a.”, dall’altra; sono compensate in relazione alla Curatela della “Travel Group s.rl.” non costituita in giudizio.



P.Q.M.



Il Tribunale di Rovigo, sezione Distaccata di Adria, nella persona del Giudice Unico dott. Mauro Martinelli, definitivamente pronunciando nella causa n. 255/2006 R.G., ogni diversa domanda, eccezione, istanza o deduzione disattesa così provvede:

dichiara la contumacia della “Travel Group s.r.l.” società dichiarata fallita, in persona del curatore fallimentare;

dichiara l’inammissibilità delle domande formulate da L. F. e P. A. nei confronti della curatela fallimentare della “Travel Group s.r.l.” e la domanda subordinata formulata dalla “Neos Finance s.p.a.” nei confronti della curatela fallimentare della “Travel Group s.r.l.”, ai sensi dell’art. 24 del R.D. n. 267/1942;

dichiara – nei soli rapporti tra la “Neos Finance s.p.a.” e L. F. e P. A. – la nullità del contratto di compravendita di un “certificato di associazione del complesso residenziale Castillo Beach Club di Fuerteventura” del 13 novembre 2001 stipulato da L. F. e P. A. con la “Travel Group s.r.l.” per indeterminatezza dell’oggetto ex art. 1346 c.c. nonché per violazione degli artt. 70, 71 e 81 del d.lgs. n. 206 del 2005 e, per effetto del collegamento negoziale, del contratto di finanziamento stipulato da L. F. e P. A. con la Finemiro Finance s.p.a. (oggi “Neos Finance s.p.a.”);

Revoca il decreto ingiuntivo n. 176/06 ing. (n. 207/06 somm.; 1881 cron.) emesso dal Tribunale di Rovigo, sezione Distaccata di Adria, in data 12 luglio 2006 a favore della “Neos Finance s.p.a.” e nei confronti di L. F. e P. A.;

condanna la “Neos Finance s.p.a.” alla restituzione di quanto versato da L. F. e P. A. in adempimento dell’obbligo negoziale, pari a € 6.042,53, oltre interessi legali dalla data della domanda giudiziale al saldo;

condanna la “Neos Finance s.p.a.” alla rifusione delle spese di lite sostenute da L. F. e P. A., quantificate in € 176,84 per spese, € 1.800,00 per diritti e € 2.800,00 per onorari, oltre spese generali al 12,5%, iva e cpa come per legge;

dichiara integralmente compensate le spese del giudizio tra L. F. e P. A. e la curatela della “Travel Group s.r.l.”;

dichiara integralmente compensate le spese del giudizio tra la “Neos Finance s.p.a.” e la curatela della “Travel Group s.r.l.”;

respinge nel resto.

Nessun commento:

Posta un commento

Modifica il post